Tobias Zielony (1974, Wuppertal - vive e lavora a Berlino) è noto per il suo modo di rappresentare fotograficamente le minoranze di adolescenti nelle aree suburbane - un tema che aveva già affrontato durante gli studi di fotografia all'Università del Galles (Newport) prima di studiare presso l’Accademia di Belle Arti di Lipsia con Timm Rautert.
Per il suo primo progetto, il libro "Behind the Block" (2004), ha poi esteso la sua ricerca a quattro città europee per osservare gli adolescenti negli spazi pubblici, spesso nelle ore notturne. Li ritrae nel loro specifico ambiente sociale e nei luoghi che frequetano, cogliendo il momento in cui non si adattano perfettamente nè all’ immagine che abbiamo di loro, nè all’ immagine che loro anno di sé. La loro presenza in queste immagini parla di due desideri contrastanti: cercare l'identificazione con i gesti conformisti di una cultura giovanile globalizzata ed esprimere la propria individualità.
La ricerca di Zielony affronta diverse tematiche tra cui il cambiamento strutturale, la migrazione, l'abuso di droghe o il lavoro sessuale come in "Big Sexyland" (2006-2008) e "Jenny, Jenny" (2013). Per "Manitoba" (2009-2011) Tobias Zielony ha frequentato adolescenti di origini indigene che vivono a Winnipeg e nella provincia di Manitoba, in Canada. Il suo approccio critico al documentarismo si manifesta in una specifica estetica e in relazione con la finzione. Le persone sono spesso ritratte in modo informale, sensibile al linguaggio visivo, ai gesti e alle pose che una persona usa per creare il proprio palcoscenico.
Nel 2010 ha realizzato il progetto “Vele” in collaborazione con la Galleria Lia Rumma, dedicata all'omonimo complesso residenziale concepito negli anni '60 -'70 dall'architetto Franz Di Salvo nel quartiere di Scampia, nella periferia nord di Napoli. Il progetto è stato presentato in due importanti mostre personali al MAXXI di Roma e al Philadelphia Museum of Art nel 2012.
Nel 2015, con il progetto "The Citizen" è stato tra gli artisti invitati a esporre nel padiglione tedesco, a cura di Florian Ebner durante la 56a Biennale di Venezia.